Chiesa e Monastero di San Giuseppe vulgo San Isepo di Castello

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Chiesa di San Giuseppe di Castello - Castello

Chiesa e Monastero di San Giuseppe vulgo San Isepo di Castello. Monastero di Monache Agostiniane. Monastero secolarizzato

Storia della chiesa e del monastero

Desiderosi i cittadini di Venezia di avere nella loro città una chiesa dedicata al purissimo sposo di Maria Vergine San Giuseppe, e che il divino culto fosse in essa devotamente promosso, ne implorarono la pubblica religione del senato, acciocché concorrere volesse e con la permissione, e con l’aiuto ad opera di tanto onore di Dio. Fu dunque nel giorno 25 di giugno dell’anno 1512, permessa l’erezione della chiesa, e di un monastero di monache, al mantenimento delle quali assegnati furono dei beni devoluti al fisco ducati 400 d’annua rendita.

Per adempimento dunque di sì religiosa intrapresa furono dal monastero di San Giuseppe di Verona, celebre allora per l’esatta osservanza della regola agostiniana, condotte a Venezia due monache, corista l’una di nome Monaca, e l’altra conversa chiamata Antonia, le quali al loro primo giungere presentatesi al patriarca Antonio Contarini, da lui ottennero la facoltà di fondar il monastero sotto l’ubbidienza dei patriarchi di Venezia. Instituita poi nello stesso anno 1512, per prima priora la soprallodata suor Monaca, le permise ammettere all’abito della religione agostiniana tutte quelle devote vergini, o donne, che ivi volessero in regolare osservanza servire al signore. confermò poi queste concessioni patriarcali con autorità apostolica nell’anno 1516, Leone papa X, facendo partecipe il nuovo convento di tutte quelle indulgenze e grazie, che avevano i sommi pontefici in diversi tempi concesse al sacro ordine di Sant’Agostino.

Lo stesso non molto dopo, cioè nell’anno 1519, per promuovere con efficacia il compimento dei religiosi edifici, concesse spirituali indulgenze a coloro, che nella solennità di San Giuseppe avessero visitata la nuova chiesa, e con temporali sussidi aiutata la fabbrica. Come però quei tempi riuscivano ai veneziani assai gravosi per i continui dispendi di un’asprissima guerra, così per agevolare il proseguimento degli edifici, che nell’anno 1530, erano poco più che principiati, e per alimentare le buone fondatrici, che di sole elemosine assai scarsamente vivevano, si unirono alquanti devoti cittadini, e mercanti, e ottenutane nel giorno 24 di febbraio dell’anno 1530 la permissione del Consiglio di Dieci, eressero nella nascente chiesa una pia confraternita, il di cui istituto fosse raccogliere elemosine per accelerare il compimento dei sacri edifici. Benedì Iddio la religiosa attenzione di quei buoni confratelli, ed in poco tempo fu ridotta a perfezione la chiesa, la di cui cappella maggiore fu eretta a spese di Girolamo Grimani, procurator di San Marco, e ne consacrò poi l’altare nel giorno 24 di giugno dell’anno 1643 Costantino dei Rossi, vescovo di Veglia. Disposte decentemente per gli altari di questa chiesa si venerano molte preziose reliquie, delle quali le più insigni sono i corpi interi dei Santi Pietro, e Claudio martiri, già sepolti in Roma nel Cimitero di Callisto. Le altre poi sono: Una costa, ed un piede di San Policarpo vescovo di Smirne e martire. Una gamba di santa Anastasia martire, ed un osso di San Marcellino papa e martire. Un osso di San Sergio martire, e porzione del cranio di San Menna celebre martire nell’Oriente. A temporale suffragio del monastero, le di cui ristrette rendite non erano di gran lunga sufficienti all’alimento delle numerose Suore, Clemente Papa VII vi unì la chiesa parrocchiale di Santa Giuliana de Villa Conti, diocesi vicentina, con tutte le sue rendite, e prerogative, stabilendo con apostolico diploma segnato nel giorno 30 di aprile dell’anno 1534, che ivi dovessero le Monache eleggere per la cura dell’anime un vicario perpetuo coll’assegnamento di porzioni delle rendite per il di lui conveniente mantenimento. Prima però che si rendesse pubblica la concepita bolla, essendo morto il pontefice Clemente VII il di lui successore Paolo III, a cui era nota la stabilita unione, con nuovo apostolico rescritto nel giorno 3 di novembre dell’anno suddetto confermò quanto già prima si era dal di lui precessore provvidamente decretato. (1)

Visita della chiesa (1815)

La chiesa di San Giuseppe, già di monache Agostiniane, e al presente delle religiose Salesiane, introdotte nella nostra città dall’Austriaco Governo, e benemerite della più colta educazione. Questa chiesa, di grandezza mediocre, la si cominciò a sollevare gli anni primi del secolo XVI. Sulla porta al di fuori vi è un basso rilievo di Giulio Dal Moro, che vi lasciò il suo nome, con l’Adorazione dei Magi; ma poiché vi tenne troppo alto il rilievo, perciò l’occhio non ne resta appagato.

Antonio Torri dipinse le architetture e gli ornamenti del soffitto, e Pietro Richi vi dipinse nel comparto di mezzo San Giuseppe trasportato in cielo dagli angeli, e negli altri due compartii i Santi Agostino e Monica.

Alla destra parte si vede attaccato un quadro dei primi tempi di nostra scuola, con Maria Vergine che presenta il bambino a Santa Caterina, ed è opera da osservarsi per la sua conservazione. Per la porta si passa in un atrio, dov’è collocato un monumento di marmo con busto al medico Lorenzo Squadroni, che morì l’anno 1680. Nel primo altare è lavoro di Jacopo Tintoretto la tavola con San Michele Arcangelo e il ritratto del senatore Michiel Buono in piedi. L’opera è alquanto asciugata, ed ha la disgrazia che non può ben gustarsi; colpa di una statua di legno che le fa ingombro d’innanzi.

La tavola del secondo altare, di stile grandioso, altri la credono dei primi lavori di Santo Peranda, ed altri la attribuiscono a Giovanni Gambarato. Questa ha l’impedimento, per essere osservata, di tre grandi figure che rappresentano la Sacra Famiglia: offre il Padre Eterno nell’alto, e i Santi Agostino, Lorenzo, Davide, Caterina e Maddalena nel piano.

Sarebbero più comportabili così fatti ingombri innanzi alla tavola del terzo altare, opera di Felice Boscarato, che dipinse la beata Giovanna Fremiot di Chantal, al momento che riceve il libro della Regola da San Francesco di Sales.

Prima di questo altare vi è un quadro con l’Adorazione dei Pastori, opera moderna non dispregevole; e dopo l’altare vi è sulla maniera del Richi un quadro con Nostra Donna che dà il Bambino ad un santo.

Nell’altare dietro al maggiore, che è opera recente (mal opportuna), si ammira la Nascita del Salvatore con pastori, e San Girolamo, opera di Paolo Veronese, di composizione graziosa, di nobile pensamento, e di carattere pronto, maestoso e saporito, ma pur troppo alquanto annerita.

Da una parte di questa cappella si osservi un piccolo deposito con mezzo busto in marmo e con bell’ornamento alla iscrizione, del senatore Girolamo Grimani, opera travagliata l’anno 1570 dallo scalpello di Alessandro Vittoria; e all’altra parte vi è un pregevole arazzo con l’Ascensione di Nostro Signore donato a questa chiesa dall’argentiere Bartolommeo Bontempelli nel secolo XVII.

Al primo altare, che si trova all’altro fianco della chiesa, serve di pala un basso rilievo con una gloria di angeli nell’alto, e al basso la Beata Vergine con il puttino e i Santi Giuseppe e Giambattista, ed un pastore. Vi si legge come fu scolpita l’anno 1571 da Domenico De Salodio.

Segue un grande deposito del doge Marino Grimani e della dogaressa Marina sua moglie. L’opera di Vincenzo Scamozzi, non senza tritume e raffinamento; e Girolamo Campagna ne fece tutti i getti di bronzo, le statue e gli intagli. Nel bronzo sotto la statua del doge ne è espressa l’incoronazione, come nell’altro bronzo sotto la statua della dogaressa si esprimono e la incoronazione e la presentazione della Rosa, che il papa le ebbe mandata. Le altre quattro statue rappresentano le quattro Virtù Cardinali.

Nell’ ultimo altare vi è il pezzo più eccellente di Parrasio Michele, che vi lasciò la sua epigrafe così : Parrhasius Michele depinxit 1573. (2)

Eventi più recenti

Prima che avvenisse la soppressione generale delle corporazioni nel 1801 dal governo austriaco furono introdotte in questo convento; le religiose salesiane fuggite dalle rivoluzioni della Francia e fattesi tra noi benemerite per la colta educazione che porgono alle fanciulle. (2)

(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).

(2) GIANNANTONIO MOSCHINI. Guida per la città di Venezia all’amico delle belle arti. (Tipografia Alvisopoli. Venezia 1815)

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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