Chiesa San Giovanni in Oleo vulgo San Zaninovo

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Chiesa di San Giovanni in Oleo - Castello

Chiesa San Giovanni in Oleo vulgo San Zaninovo

Storia della chiesa

In onore di San Giovanni apostolo ed evangelista, sotto il titolo del martirio da lui mirabilmente superato dinanzi la porta latina di Roma, fondò nell’anno 968 la famiglia Trevisana una chiesa parrocchiale, che per essere la seconda delle due chiese dedicate in Venezia al santo apostolo, fu volgarmente detta di San Giovanni Novo.

Circa il principio del secolo XV, mostrando pericolosi segni di sua antichità, fu rinnovata con le elemosine dei fedeli, sul disegno di Antonio Scarpagnini architetto stimato in quei tempi: e fu poi consacrata nel giorno primo di maggio dell’anno 1463, da Andrea Bon vescovo di Jesolo. L’altar maggiore però eretto dappoi di scelti marmi sotto l’invocazione dell’apostolo titolare, ebbe il decoro della consacrazione ecclesiastica nel giorno 9 di marzo dell’anno 1650, per mano di Giovanni Paolo dei Savi vescovo di Adria. Nuovamente nel decorso del secolo presente XVIII di nostra salute, minacciando rovine la chiesa, fu deliberato di rinnovarla in più consistente e nobile maniera: il che si va felicemente proseguendo sul ben ideato modello, che ne formò l’architetto Matteo Luchesi.

Nobilissimi sono gli spirituali ornamenti di sacre reliquie, che si conservano in questa chiesa, in cui pure si venera una devota e prodigiosa immagine del Salvator Crocifisso, a cui con frequenza, ricorre la divozione del popolo, e vien decorosamente custodita da una pia confraternita di devoti, eretta per il suffragio dell’anime penanti nel Purgatorio.

Le Reliquie sono una porzione del cranio di San Cosma, ed una mascella di San Damiano fratelli martiri; donate a questa chiesa dall’abbate e monaci di San Giorgio Maggiore, come lo attestano i documenti dello stesso monastero. Un braccio ed una mano di Santa Barbara vergine e martire, che però non deve credersi della Nicomediese, il di cui corpo con le sue braccia riposa in San Giovanni di Torcello. Una gamba, ed un piede di Santa Margarita vergine e martire. Un osso di San Tommaso, ed un osso di San Bortolammeo apostoli. Una costa di Santa Maria Maddalena, ed alcuni ossi dei Santi Innocenti uccisi per comando di Erode. Alquanti frammenti delle ossa di San Giovanni Battista precursore. (1)

Visita della chiesa (1815)

Questa chiesa fu eretta col modello di Matteo Lucchesi. Costui soleva chiamarla il Redentore redento, poiché, tenendo la idea del Palladio, pretendeva di avervi emendato alcun difetto commesso da lui nella chiesa del Redentore: ma che si sia di ciò, egli fece un’opera degna di lode e ben eseguita.

La tavola del primo altare a destra con i santi Luigi Gonzaga e Gaetano e Filippo Neri fra due angeli, che va in estasi alla vista della Croce, tiene la epigrafe: Michele Schiavin pinxit MDCCLXVI.

In luogo di statue si veggono in quattro nicchie altrettante figure a chiaroscuro, cioè Nostra Donna Annunziata dall’Angelo e la Fede e San Giovanni, opere da non disprezzarsi.

L’altar maggiore coi suoi ornamenti fu travagliato in marmo da Domenico Fadiga. La tavola con il martirio del santo titolare è buon’ opera di Francesco Maggioto; e i chiaroscuri laterali col Sacrificio di Abramo e il Sacrificio di Melchisedecco gli sono di Fabio Canal.

L’ultimo altare all’ altra parte ha una tavola con i Santi Cosma e Damiano, e nell’alto il Padre Eterno in gloria con due angeli, che incoronano i due santi martiri. In questa opera Girolamo Dante mostra, che ben gli stava il soprannome di Tiziano, che fu il suo maestro. E’ mal coperta da una statua di Sant’Antonio. (2)

(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).

(2) GIANNANTONIO MOSCHINI. Guida per la città di Venezia all’amico delle belle arti. (Tipografia Alvisopoli. Venezia 1815)

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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