Isola di Santo Spirito

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Francesco Guardi (Venezia 1712-1793) - Isola di Santo Spirito

Isola di Santo Spirito. Chiesa ed Monastero di Frati Minori Osservanti. Chiesa e Monastero demoliti

Storia dell’isola, della chiesa e del monastero

L’Ordine dei Canonici Regolari, il quale sotto diversa forma di abito, benché sotto la sola regola di Sant’Agostino, possedeva molti monasteri nelle venete lagune, fu introdotto in tempi remoti, e da noi ora ignorati, nell’Isola di Santo Spirito, e possedette la chiesa, ed il monastero ivi eretti sotto l’invocazione dello Spirito Santo fino ai principi del secolo XV.

Ma come allora tutte le comunità religiose risentiti avevano discapiti notabili nella regolare osservanza e per l’ostinazione del lungo scisma, e per le guerre, che affliggevano l’Italia, così l’universale corruttela introdottasi anche nei chiostri di Santo Spirito ne allontanò e disperse gli abitatori religiosi, e restò l’isola in potere del solo priore, sotto il cui governo si ridusse a stato deplorabile. Era dunque nell’anno 1409. Priore un vecchio ignorante, per la di cui disattenzione andava manifestamente rovinandosi il monastero. Poiché il senato veneziano volendo assegnar un pronto ricovero ai Monaci Cisterciensi del Monastero della Santissima Trinità di Brondolo nella diocesi di Chioggia rovinato nel tempo della guerra dei genovesi, con un decreto emanato addì 24 di marzo dell’anno 1409, stabilì, che il pregiudicato Monastero di Santo Spirito fosse ad essi concesso, sperando fermamente che per opera loro non solo sarebbe ricuperato dal suo stato infelice, ma vi rifiorirebbe con splendore il culto divino già del tutto intermesso. La concessione fatta dal senato fu poi nel giorno 9 del susseguente giugno confermata dall’autorità del pontefice Gregorio XII, il quale con sue graziose lettere unì perpetuamente li due monasteri.

Dopo che l’abbandonato luogo di Santo Spirito ridotto fu in possesso della religione cisterciense, accadde, che volendo la pubblica provvidenza della Repubblica adattare un’isola delle più remote per ricovero degli appestati, stabilì nell’anno 1423, che il Monastero di Santa Maria di Nazareth situato nell’isola di tal nome, come il più opportuno per la sua lontananza dall’abitato, disposto fosse per raccogliere e curare quei miserabili. Abitavano allora in quel solitario luogo un priore dell’Ordine Eremitano di Sant’Agostino, chiamato fra Gabriele Garofoli Spoletino, uomo d’insigne pietà, ed alcuni nobili giovani, che allettati dalla riputazione della di lui virtù scelto avendolo per loro spirituale maestro, vestito anche avevano sotto la di lui direzione il sacro abito agostiniano. Dovendo adunque questi per gli importanti oggetti di sanità abbandonar il loro domicilio ottennero a loro ricovero l’antica Abbazia di San Daniele in Monte nella diocesi padovana, e nello stesso anno 1423, ricorrendo l’annua solennità della Vergine Assunta al Cielo, Pietro Marcello vescovo di Padova commissario apostolico in vigore di graziose lettere di Martin papa V, vestì (come attestano gli antichi registri della nuova congregazione) di un nuovo abito di religione Michele Morosini, Andrea Bondumiero, e Francesco Contarini; indi avendo ricevuta nelle sue mani la loro professione regolare, li pose in possesso dello stesso Monastero di San Daniele ceduto già ad essi dall’abbate commendatario Batista Savioli padovano, dopodiché estinta avendo nel luogo la dignità abbaziale lo costituì in priorato.

Prima però che scorresse un anno dalla concessione del solitario luogo di San Daniele in Monte, il sopra lodato Martino V, per far risplendere in faccia di una città l’esemplare vita dei nuovi religiosi, con altro diploma assegnò alla loro congregazione il Monastero Cisterciense della Santissima Trinità di Brondolo con tutte le case religiose a lui annesse, fra le quali si riputavano le principali Santo Spirito in Isola, e San Benedetto parrocchia in Venezia. Diede volontario assenso all’assegnazione l’abbate di Brondolo, dopodichè nel giorno 12 di maggio dell’anno 1424, Marco Lando vescovo di Castello commissario apostolico in vigore delle lettere pontificie di Martin papa V, consegnò al priore e Convento di San Daniele in Monte il Monastero della Santissima Trinità di Brondolo, e sopprimendo in esso, ed in tutti li suoi membri l’Ordine Cisterciense, vi sostituì l’Ordine di Sant’Agostino.

In vigore dell’espressioni contenute nell’apostolica bolla fu poi dalla congregazione riconosciuto il Monastero di Brondolo come capo principale di loro unione; onde nei suoi statuti pubblicati con le stampe del Monastero di Santo Spirito nell’anno 1603, si legge ordinato, che nel Monastero di Brondolo già prima luogo della congregazione vi fosse tenuto un cappellano, e vi fossero solennizzate le feste di San Michele, e di San Girolamo.

Quantunque però per preminenza di dignità fosse in primo luogo considerato il Monastero di Brondolo, pure per essere esso quasi del tutto rovinato si ritirarono i nuovi religiosi nel Monastero di Santo Spirito di Venezia, e poi Lodovico Barbo abbate di Santa Giustina di Padova, come giudice e delegato apostolico, con sua definitiva sentenza nel giorno 15 di dicembre dello stesso anno 1424, ordinò a Michiel Morosini, Andrea Bondumiero, e Francesco Contarini per nome loro, e di Marino Querini ivi presenti, ce deposto lo scapolare largo e bianco dovessero vestirsi d’abito di color grave , con il rocchetto di lino, e la cappa con il suo cappuccio, come era l’uso dei canonici regolari, e che rilasciato il luogo di San Daniele in Monte potessero sotto il governo di un priore, stabilire la loro permanenza nel Monastero di San Spirito in Isola. Il non sentirsi nominato in alcuno dei sopraccitati diplomi pontifici il nome di Gabriele Garofoli, già priore della nuova unione, fa evidentemente conoscere, che prima di quel tempo egli si fosse già restituito al suo primiero istituto degli Eremitani, da cui poi fu tratto per innalzarlo al vescovato di Nocerra. Sei anni restò differita l’esecuzione della sentenza del delegato apostolico, e finalmente nel giorno 13 di gennaio dell’anno 1430, Tommaso Tommasini vescovo di Traù, per commissione del sopra lodato Lodovico Barbo commissario apostolico, portatosi al monastero di Santo Spirito vestì dell’abito proprio dei canonici regolari Andrea Bondumiero allora priore, Francesco Contarini, e Marino Querini; dopodiché avendo il Bondumiero rinunziato al priorato, fu di nuovo per voto dei novelli canonici istituito priore, rinnovando tutti e tre nello stesso giorno la solenne loro professione. Confermò poi Eugenio IV, nel giorno 13 del susseguente anno 1431, quanto aveva stabilito il commissario apostolico, e dichiarò che la nuova congregazione potesse nel Monastero di Santo Spirito, da cui prendeva il nome, supplire a quanto era tenuta di operare nell’antico Monastero della Santissimà Trinità di Brondolo.

Unitamente ai tre sopra lodati soggetti avevano già fatta la loro solenne professione nella Chiesa di San Daniele in Monte nel giorno 15 di agosto dell’anno 1423, molti altri uomini di singolar pietà, fra i quali Filippo Paruta eletto poi arcivescovo di Candia, e Pietro Paruta destinato dappoi abbate di San Felice di Vicenza, i quali tutti riconobbero sempre con venerazione il loro priore Andrea Bondumiero come padre e primo fondatore della nuova congregazione.

Quantunque però l’esempio, e le istruzioni di questo grande uomo resi avessero i di lui canonici non solo copiosi nel numero, ma riguardevoli per l’esattezza dell’osservanza, contuttociò non mancarono insidie di uomini perversi per far perire negli stessi principi di sua fondazione l’esemplarissima congregazione. Furono questi due di nazione schiavoni, i quali dopo aver per ben due volte turpemente abbandonato l’istituto dei canonici da loro abbracciato si accordarono a rovina della congregazione col vescovo di Curzola, e passati a Roma con artifici e calunnie impetrarono, che il Monastero di Santo Spirito fosse visitato dallo stesso vescovo curzolano. Si oppose a novità così pregiudiziale il celebre, e pio senatore Francesco Barbaro, e raccogliendo in se stesso il senso di dolore, che ne provava la città tutta iscrisse: nell’anno 1453 efficacissime lettere al cardinale Francesco Condulmiero, perché i Servi di Dio, che piamente e santamente vivevano in quel Monastero dalla Repubblica onorato come un principale santuario non fossero sturbati dalle false riferte d’uomini apostati, e la visita destinata per il vescovo di Curzola fosse demandata al patriarca di Venezia uomo di nota santità, quale era San Lorenzo Giustiniano; onde siccome (così conchiude l’ottimo senatore) non è lecito che ai soli senatori il giudicar Senatori, così non sia permesso che a un servo di Dio il formar sentenza dei servi di Dio.

Sedata per merito del lodato senatore quella tempesta, che minacciava l’estremo eccidio alla congregazione, fu poi il fondatore dessa Andrea Bondumiero innalzato per voto unanime del senato nell’anno 1460, alla sede patriarcale di ella sua patria, e dopo aver per cinque anni e tre mesi santamente governato il suo gregge passò alla ricompensa eterna di sue fatiche in cielo nel giorno 6 di agosto dell’anno 1465. Dopo la di lui morte ottenne la congregazione nell’anno 1479 la chiesa parrocchiale di San Michele di Padova, ove ad abitazione dei suoi canonici eresse un assai comodo monastero.

Passati poi due secoli, da che era stata fondata, fu la congregazione dei canonici regolari di Santo Spirito soppressa nell’anno 1656 per decreto del pontefice Alessandro VII, e i di lei monasteri che erano due soli, insieme con le loro rendite assegnati in sussidio della guerra di Candia alla Repubblica di Venezia. Reso vuoto dei suoi antichi abitatori il monastero fu consegnato nell’anno 1657, in custodia a Candido Benzi già canonico regolare nel luogo stesso, ed essendosi poi fatalmente impadronita la potenza ottomana dell’infelice città di Candia, la carità del senato assegnò quel luogo in domicilio ai Frati Minori Osservanti della Provincia di Candia, come semplice ospizio, nel quale non avessero ad abitare se non soli quindici frati, numero, che col tratto del tempo per una tacita tolleranza si accrebbe di molto.

Tradussero questi religiosi seco loro dalla miserabile città alcune reliquie doni già da Alessandro V minorita candioto fatti al monastero di Candia, ed una immagine prodigiosa di Nostra Signora, a cui ricorrevano nei loro maggiori bisogni i cittadini di Candia, e ne restavano esauditi. Fra le reliquie a decoro di questa chiesa, sono le principali. Una insigne porzione del legno della Santissima Croce. Un osso del braccio di San Simone apostolo. Il cranio di Santo Stefano, non però del protomartire, ma di altro santo dello stesso nome. Quattro teste di vergini compagne di Sant’Orsola nel martirio, ed un osso di Santo Stefano papa martire.

Da un’antica iscrizione incisa in marmo si rileva, che questa chiesa insieme coi due altari della Santissima Croce, e della Beata Vergine, fu consacrata nella domenica III di Pasqua dell’anno 1505, da Bernardo Veniero vescovo di Chioggia; e poi Marco Medici vescovo pure di Chioggia consacrò gli altri quattro altari in diversi giorni dell’anno 1581.

Nel mezzo della chiesa si vede la sepoltura del patriarca Andrea Bondumiero fabbricata dai canonici nell’anno stesso della di lui morte, ove al nome di esso viene apposto onorevolmente il titolo di fondatore del monastero.

Visita della chiesa (1839)

All’inizio del XVI secolo gli edifici dell’isola andavano in molte parti diroccando, si riparò al danno maggiore e precipuamente si ricostruì la chiesa dai fondamenti sul disegno di Jacopo Sansovino, cingendo il suo atrio con ricchi cancelli di ferro ed adornandola con nobili pitture, tutte del felice secolo XVI.

Bonifacio vi lavorava una pala rappresentante la Vergine, ed il vecchio Palma le figure di Sansone e di Giona sui portelli dell’organo. Tiziano, nel vigore degli anni e dell’ingegno, vi conduceva il soffitto in tre parti diviso, nell’una delle quali il sacrificio di Abramo, nell’altra Caino che uccide il fratello; il ringraziamento di Davide nella terza pel trionfo di Golia, senza dire della pala con la discesa dello Spirito Santo ed altre mirabili pitture. Giuseppe Salviati col cenacolo degli Apostoli e con altri dipinti ornava specialmente il refettorio. Cosi l’isola di Santo Spirito era allora divenuta una palestra ove gareggiava l’ingegno de più nobili artisti. (2)

Eventi più recenti

Quando Venezia perse l’isola di Candia (Creta), che passò in mano turca, una congregazione di frati Minori Osservanti, operanti in alcuni monasteri della suddetta isola, chiesero aiuto alla Repubblica, che li destinò all’isola di Santo Spirito; essi vi rimasero fino al 1806. Con l’arrivo di Napoleone, furono depredati sia la chiesa che il monastero e l’isola fu adibita a presidio militare, con l’abbattimento dei vecchi edifici per far spazio a caserme e capannoni.

Divenuta infine polveriera durante la seconda guerra mondiale, l’isola risulta ad oggi del tutto abbandonata, fin dal 1965 e, tra i vari saccheggi che essa ha dovuto subire, si segnala l’asportazione di un pozzo rinascimentale, di forma esagonale.

Tra il 2002 e il 2003 l’isola è stata venduta dal Demanio a un gruppo di imprenditori padovani, riuniti nella società Poveglia. (3)

(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).

(2) ERMOLAO PAOLETTI. Il fiore di Venezia ossia i quadri, i monumenti, le vedute ed i costumi. (Tommaso Fontana editore. Venezia 1839).

(3) https://it.wikipedia.org/wiki/Santo_Spirito_(isola)

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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