Chiesa di Sant’Eustacchio e Compagni Martiri vulgo San Stae

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Chiesa di Sant'Eustacchio e Compagni Martiri vulgo San Stae - Santa Croce

Chiesa dei Santi Eustacchio e Compagni Martiri vulgo San Stae

Storia della chiesa

La chiesa parrocchiale dedicata ai Santi Eustacchio, e Compagni Martiri, la fondazione della quale comunemente viene attribuita a merito della famiglia del Corno, che la fabbricò in tempo ora a noi ignoto, nella cronaca di Girolamo Savina si dice essere stata eretta nell’anno 966 a spese di tre patrizie famiglie Trona, Giusta, ed Odoalda. Il doge Andrea Dandolo, che nell’accreditata sua cronaca, descrivendo il vastissimo incendio succeduto nell’anno 1105 nomina distintamente incenerite tutte le chiese e parrocchie, dalle quali è circondata la Chiesa di Sant’Eustachio, ora detta volgarmente San Stae, nessuna menzione apporta di essa; dal che probabilmente dedure si potrebbe, che non ancora a quel tempo ella fosse stata fabbricata. La prima memoria, che di essa si rinvenga, è apportata dal Wadingo nel Tomo V degli Annali Francescani, ove all’anno 1290 apporta un Diploma del Pontefice Niccolò IV, nel quale elegge Enrico dell’Ordine dei Minori al vescovado di Chioggia non voluto accettare da Leonardo piovano della Chiesa Parrocchiale di Sant’Eustachio di Venezia.

Niente altro per la scarsezza di documenti rilevare si può di questa chiesa, se non che dando indizi d’imminente rovina dopo la metà del secolo XVII, fu per attenzione lodevole di Donato Trevisano di lei Piovano gettata a terra, per fondarne poscia sulle rovine una più capace e magnifica, che ridotta a perfezione con nobilissimi altari, e con esteriore facciata di marmo, per la di cui erezione lasciò in legato quanto occorreva di spesa Luigi Mocenigo doge ivi sepolto.

Si venerano all’altare dei santi martiri titolari alcune reliquie, delle quali è tradizione, che appartengano agli stessi santi, a riserva di una sola, sopra la quale si legge scritto il nome di San Giovanni Grisostomo.(1)

Visita della chiesa (1839)

Entrando in chiesa, sull’altarino a lato della porta, è del bel tempo di nostra scuola la tavoletta con la Sacra Famiglia.

Nel primo altare, è una graziosa e nobile fattura di Nicolò Bambini la tavola avente nell’atto Nostra Donna, ed al piano i Santi Lorenzo Giustiniani, Antonio da Padova e Francesco d’Assisi.

Di Giuseppe Camerata è la tavola dell’altare di mezzo, con il santo titolare che adora la croce, e lodatissima opera di Antonio Balestra è la pala del terzo altare, con Sant’Osvaldo trasportato in cielo.

Nella cappella maggiore sono degni di considerazione i quadri che adornano le pareti laterali. Il primo dei tre alla destra, nell’ordine inferiore, con San Bartolomeo che viene scorticato è di Giambattista Tiepolo; il secondo, veramente bello, con San Paolo portato in cielo è di Gregorio Lazarini, ed il terzo con Sant’Andrea messo in croce è di Antonio Pellegrini. Il quadro, che sta nel mezzo col piovere della manna è di Giuseppe Angeli. Nell’ordine superiore il primo degli altri tre quadri, con San Filippo percosso da un soldato, è di Pietro Uberti; il secondo, con San Giacomo minore che riceve il pane da Nostro Signore, è di Nicolò Bambini, ed il terzo con il martirio di San Tommaso è di Giambattista Pittoni. Alla parte opposta, nell’ordine inferiore è di Giambattista Piazzetta il primo quadro con San Giacomo legato da un manigoldo; è di Sebastiano Rizzi il secondo con San Pietro liberato dall’angelo, ed è di Antonio Balestra il San Giovanni in olio. Di Giuseppe Angeli è pure a questa parte il quadro di mezzo con il sacrificio di Melchisedecco; e dei tre quadri nell’ordine superiore Silvestro Maniago fece il primo con San Matteo che scrive il vangelo; Angelo Trevisani quello di mezzo con l’apostolo San Simeone, e Giambattista Rizzi fece il quadro nel soffitto dove sta espressa la vittoria riportata dai confratelli della scuola del Sacramento di questa chiesa per l’acquisto di tale cappella. Porta l’anno 1708 in che fu fatto.

I qui, passando in sagrestia, si trova, sopra la porta che mette al coro, un quadro di Pietro Vecchia con Cristo morto. La tavola dell’altare della sagrestia medesima è di Matteo Verona, ed i tre quadri adornanti le pareti laterali sono: quello alla sinistra di Giambattista Tiepolo, ed offre l’imperatore Traiano che intima a Sant’Eustacchio di portarsi a combattere per lui; e gli altri due della destra sono: l’uno di Giambattista Pittoni, ed esprime l’imperatore stesso che comanda a quel santo di sacrificare agli idoli, e l’altro, d’ignoto pennello, rappresenta il santo cacciato con la famiglia in prigione.

Facendo ritorno in chiesa, nell’altare della prima cappella, Giuseppe Torretto travagliò il crocefisso in marmo, e nelle pareti laterali stanno appesi due monumenti con tre busti di altrettanti personaggi della famiglia Foscari che fece edificare questa cappella. Quindi, alla destra di chi guarda, vi sono quelli degli altri due procuratori: Lodovico morto sino dal 1480 a Girolamo nel 1655.

Nell’altare di mezzo Francesco Migliori dipinse la pala della Assunzione, e Jacopo Amigoni, prima che lasciasse l’Italia, fece quella dell’ultimo altare con Sant’Andrea apostolo e Santa Caterina.

Veramente questa chiesa dimostra in epilogo lo stato della pittura veneziana nella prima metà del secolo XVIII, e chi ne consideri le opere, vedrà l’inclinazione spiegata da quel secolo di attendere alla dottrina della composizione, ed all’avanti indietro delle figure: carattere che più apertamente dichiareremo nelle epoche pittoriche della nostra scuola al fine di questa terza parte dell’opera nostra. Altre volte erano in questa chiesa le scuole di devozione di Santa Caterina, ed i sovvegni di Sant’Eustacchio e di Sant’Osvaldo formato d cento religiosi. (2)

(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).

(2) ERMOLAO PAOLETTI. Il fiore di Venezia ossia i quadri, i monumenti, le vedute ed i costumi. (Tommaso Fontana editore. Venezia 1839).

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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