Chiesa di San Giacomo Maggiore Apostolo vulgo San Giacomo dall’Orio

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Chiesa di San Giacomo Maggiore Apostolo vulgo San Giacomo dall'Orio - Santa Croce

Chiesa di San Giacomo Maggiore Apostolo vulgo San Giacomo dall’Orio

Storia della chiesa

Dal sito, in cui fu fabbricata la chiesa parrocchiale di San Giacomo Maggiore Apostolo, acquistò il soprannome, detta San Giacomo de Luprio, o volgarmente dall’Orio, stante ché il luogo dalla palustre apparenza fu (come scrive il Sabellico) cognominato Luprio. Un antico marmo posto nella facciata della chiesa, in cui sono incisi tre V fece arguire assai facilmente ad alcuni che fosse stata fabbricata nell’anno 555, ma se si avesse a desumere l’epoca della fondazione dalle tre lettere, dovrebbe credersi più tosto indicato l’anno dall’origine della città, che della redenzione universale. Nel la Cronaca di Marin Sanudo si legge, esser ella stata eretta dalle famiglie Campoli da Oderzo, e Muli delle Contrade, ma incerto sempre essendo ciò che questo cronologo scrive dei tempi remoti, possiamo con qualche fondamento asserire solamente, che ella fu in gran parte rinnovata nell’anno 1225 dalle famiglie Badoara, e da Mula, e che insieme con alcune altre fu assoggettata alla giurisdizione dei patriarchi di Grado, sotto dei quali sette finché il patriarcato restò unito al vescovado di Castello.

Per la seconda volta fu restaurata la chiesa ai tempi del Sansovino, che descrivendone le cose più ammirevoli, singolarmente nota il pulpito formato di scelti marmi, ed una gran colonna di verde antico per la sua rarità, e grandezza pregevole quanto una gemma.

Il corpo di San Leandro Martire, un osso di Sant’Agnese vergine e martire; e molte altre reliquie dei santi martiri tratte dai sotterranei di Roma, sono gli spirituali ornamenti di questa chiesa.

Con titolo di commendatario possedette questa chiesa nel secolo XV Marco dei Gusmieri prima di lei piovano in residenza, e poi fatto vescovo di Napoli di Romania nel Regno di Marca. (1)

Visita della chiesa (1839)

Se si entra per la porta maggiore, si vedrà appesa alla parete destra un’opera gentile di Giovanni Buonconsigli: esprime i Santi Sebastiano, Lorenzo e Rocco.

Camminando per il lato sinistro dopo il recente altare della Madonna, si troverà un’urna elegante dove riposa la dama Chiara Priuli. Nel vicino altare Giambattista Pittoni dipinse in sua vecchiaia la pala con Maria Vergine ed i Santi Giuseppe, Sebastiano, Rocco, Lorenzo ed Antonio da Padova.

Molta riflessione merita il fregio d’intagli dorati nel muro a lato della porta laterale e dove un tempo vi era l’altare del Sacramento trasferito nella vicina cappella. Ma più che altro gran esame merita il sottoposto quadro di Francesco da Ponte secondo alcuni, ed a nostro avviso di Jacopo da Ponte, esprimente la Predicazione del Battista. Non mai la pittura superò una verità si evidente e produsse perciò maggior diletto.

Nella vicina cappella del Sacramento niente vale che si dica del quadro con Cristo deposto nel monumento alla destra; ma assai deve dirsi sulla mezza luna superiore con la flagellazione; opera del Tizianello. Chi meglio disegnerebbe quei nudi, toccherebbe quelle carni, darebbe rilievo ad ogni cosa, usando il più alto tuono delle tinte, e pure senza manierismo, senza affettazione? Buono studio può riuscire questo dipinto ad ogni artista. Dall’altra parte è del detto Pala il Cristo che va al Calvario, ed è di Giulio dal Moro la mezza luna superiore con Cristo mostrato al popolo. I quattro evangelisti, negli angoli della cupola, sono pregevoli opere del Padovanino e la degli angeli, dipinta con molta vaghezza sulla cupola è di Jacopo Guarana; mentre è prima opera di Giuseppe Apoletti l’altro soffitto a fresco sul volto dell’altare.

L’altare maggiore si eresse, allorché nel 1666 fu dato a questa chiesa il corpo di San Leandro che vi riposa in grande urna di marmo. La pala con il santo titolare è di Gaetano Astolfoni.

Nell’altra cappella, la tavola di Nostra Donna addolorata è di Lorenzo Gramiccia. Ma una cara operetta potrà utilmente essere considerata in questa cappella, ed è la tavola appesa lateralmente con la Presentazione al tempio di Giambattista Tiepolo.

Sopra la porta della sagrestia si pose un bel soffitto di Paolo Veronese con le Virtù teologali, e quattro ovali con i quattro dottori della Chiesa pure di Paolo. Nel quadro quivi presso somma dottrina manifestò Jacopo Palma esprimendo il Cristo sostenuto nell’orto da un angelo. Indi, passando per la sagrestia piena tutta di opere di Jacopo Palma, si troverà essere il migliore conto, alla destra, la Sommersione dell’esercito del Faraone, e dall’altra parte il Serpente eretto dagli ebrei, non che Elia a cui l’angelo reca un pane.

Tornando in chiesa, nella prossima cappella altre opere invitano all’osservazione. La tavola con Nostra Donna incoronata da due angioletti, è di Lorenzo Lotto. Palma il giovane espresse nella sua prima maniera, nel quadro laterale alla destra, San Lorenzo che mostra a Valeriano di aver dato ai poveri i tesori della chiesa, ed in quello alla sinistra il martirio del santo medesimo. Se sempre quel pittore avesse proceduto a questo modo, piuttosto che a lavorare di pratica, avrebbe al tutto assicurata la sua gloria e meno recato di danno alla scuola veneziana, che col suo esempio più si sospinse in seguito al falso ed all’esagerato.

Usciti dalla cappella, sopra la porta laterale gioverà il considerare il quadro con la Cena in Emmaus che sta tra la maniera del vecchio Palma, e quella di Giorgione. Ma, oltrepassato l’altare del Crocifisso, le due tavola insieme unite, ed al muro appese, richiedono un’osservazione accuratissima. Nella prima con San Lorenzo a cui un graziosissimo angioletto reca la palma del martirio, e con ai lati i Santi Girolamo e Nicolò, si scorge una della più belle fatture di Paolo. Quale felicità nei panneggiamenti, quali accorte uscite nei lumi, e quale impasto infine nelle tinte! Nell’altra pala, Francesco da Ponte, detto il Bassano, espresse la Beata Vergine in gloria, ed al basso i Santo Giambattista ed Agostino, e sì bene condusse ogni cosa che per poco non sei tentato a vederci il pennello di Paolo.

L’organo e dipinto sulla maniera di Andrea Schiavone. Di sotto, fra due comparti con graziosi angioletti, si vede nel mezzo il miracolo operato da San Giacomo chiamando a nuova vita un gallo già cotto, a fine di convertire un principe incredulo; e nel frontespizio, in tre comparti, si vede la disputa tra i dottori, il martirio di San Giacomo, e gli apostoli nella barchetta dopo la infruttuosa fatica di una inter notte. (2)

(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).

(2) ERMOLAO PAOLETTI. Il fiore di Venezia ossia i quadri, i monumenti, le vedute ed i costumi. (Tommaso Fontana editore. Venezia 1839).

 

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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