Sala del Collegio

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Sala del Collegio - Palazzo Ducale

Sala del Collegio

La bellezza e la magnificenza di questa sala, adorna di pitture freschissime e tutta messa ad oro di tanta lucentezza che il fa parere recente, deve certo eccitare la più viva ammirazione. Sotto la repubblica si radunava il Collegio ad ogni mattina con lo scopo di dare udienza agli ambasciatori ed onde servisse di canale per introdurre gli affari più importanti al senato, oltre al decidere diverse cause di pubblico interesse. Si componeva il collegio del doge, dei sei consiglieri, di tre capi della quarantia criminale, di sei savi grandi, di 5 savi di terraferma, e di 5 savi agli ordini e quando erano terminate le sessioni dell’intero collegio, rimanevano in questa sale i savi con i segretari onde preparare le materie e le proposizioni al senato, sicché a buon diritto poteva chiamarsi il collegio il gabinetto dello stato. Soggiacque pur questa sala allo stesso incendio per cui, al pari che in quella del Pregadi, perirono eccellenti quadri dei più antichi maestri.

Dopo tale notizia sull’oggetto di questa sala passiamo a considerarla nelle opere squisite che l’adornano. Entrati per la porta che mette nel Pregadi, incominceranno di qui le nostre considerazioni. Tintoretto, nel quadro sopra la detta porta, dipinse le sponsalizie di Santa Catterina col bambino Nostro Signore, in uno ai Santi Giuseppe, Marco, Francesco d’Assisi ed il doge Francesco Donato, creato nel 1545, di cui erano principali virtù la Prudenza e la Temperanza qui pure introdotte. Si fa sotto gli auspici di quel doge che ricevette molti abbellimenti il ducale palazzo, compiendovi tra le altre cose la bella facciata nella corte di palazzo. Nel secondo quadro seguente il medesimo pittore raffigurò Nostra Donna sotto il baldacchino sostenuta dagli angeli con i Santi Giuseppe, Nicolò, Marco, Antonio abate ed il doge Nicolò Da Ponte creato nel 1578; uomo eccellente nelle scienze e di singolari qualità fornita. Nel terzo quadro lo stesso Tintoretto rappresentò il doge Luigi Mocenigo, creato nel 1570, e sotto il quale s’incendiarono e questa e le altre sale contigue. Ma in gran distrette versava allora la repubblica afflitta dalla guerra con Selim re dei Turchi. Quindi nel quadro dinanzi il si vede quel doge genuflesso Redentore con a lato San Marco non meno che i Santi Giambattista, Lodovico, Nicolò, ed altro santo vescovo in lontananza, in uno ai ritratti di due senatori appartenenti alla famiglia del doge medesimo.

Paolo Veronese, nel quadro sopra il trono, eseguiva poi una delle più belle sue pitture. Il Salvatore in gloria, colla Fede, con Venezia e vari angeli sono in atto di portare le palme al generale Sebastino Veniero. Vi aggiunse il pittore Santa Giustina, perché nel giorno che se ne celebra la festa riportava appunto il Veniero la vittoria alle Curzolari (anno 1571), nella quale mori il provveditore Agostino Barbarigo che qui pure è ritratto. Gli arazzi sottoposti per adornar l’ala del trono, che si conserva tuttora, sono opera del 1540; ma nel 1795 vennero restaurati.

Segue il lato del cammino. Molto è ornato quel cammino; i due pilastri sono di verde antico, e per esso Girolamo Campagna faceva sì le statue superiori di stucco e sì le due laterali di marmo esprimenti Mercurio ed Ercole; mentre Paolo Veronese ne eseguiva le pitture superiori. Tra le finestre in fine Carletto Caliari dipingeva il quadro con Venezia circondata da alcune virtù.

Passando all’ultimo lato di questa sala, dirimpetto al menzionato trono, si vedono e il quadro e le due figure laterali del Tintoretto. Nel quadro è il doge Andrea Gritti, creato nel 1520, genuflesso innanzi a Nostra Donna posta col bambino sopra un piedistallo ed avente all’interno vari santi, fra i quali Santa Marina.

Il grandioso soffitto poi è invenzione di Antonio da Ponte; ma il pennello festevole di Paolo lo rendeva sopra modo meraviglioso. Nel comparto presso la porta principale scorgi Nettuno e Marte con puttini volanti i quali recano elmi e conchiglie ad esprimer la possanza dei Veneziani per terra e per mare e col motto: Robur Imperii. Nel comparto di mezzo splende la Fede nell’alto ed al basso un sacrificio per indicare la religione sostegno ognora dei Veneziani, come vi si legge sopra: nunquam derelicta, e sotto: rei pub.fundamentum. Nell’ultimo comparto, che risponde sopra il trono, siede Venezia sul mondo a cui la Giustizia porge la spada e la Pace presenta l’ulivo col motto: Custodes libertatis. Questo pezzo, ove si miri attentamente, è uno dei più stimabili di Paolo. Chiusi sono lateralmente tali tre quadri da otto comparti rappresentanti otto virtù. Quindi nel 1. (corrispondente sopra la porta che va nel Pregadi) vedi donna in atto d’impedire il volo ad un’aquila da lei afferrata: simbolo d’umiltà e moderazione; nel 2. donna che osserva una tela di ragno: simbolo dell’industria; nel 3. donna che tiene una corda ed avente a lato uno struzzo: simbolo di assiduità e di fortezza; nel 4. a sinistra del trono, donna col caduceo e cornucopia: simbolo della concordia e dell’abbondanza; nel 5. a destra del trono stesso, donna che si reca un cane in sulle ginocchia e tiene una patere in mano: simbolo della fedeltà; nel 6. donna che accarezza un agnello: simbolo della mansuetudine; nel 7. donna che stringe una colomba: simbolo dell’amicizia; nell’8. donna che offre scettri, corone e tiare avendo un dado in mano: simbolo della liberalità.

Gli otto menzionati comparti sono intramezzati da altri sei in forma ovale pur dipinti da Paolo a chiaro-scuro Verde, esprimenti oggetti di antica storia. Altre storie dipinse egli ancora a chiaro scuro rosso nel fregio che gira intorno la sala: storie comprese tutte in 12 comparti messi ad oro e sostenuti da vari puttini. Prima di partire da questa sala si considerino, e le due colonne della porta di fianco e le due di quella di mezzo di marmo cipolline, non meno che gli archi sovrapposti di diaspro fiorito. Anche il pavimento, sparso di pietre dure e preziose, non vuol essere dimenticato. (1)

ERMOLAO PAOLETTI. Il Fiore di Venezia, Volume II. Tommaso Fontana tipografo edit. Venezia 1839

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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