Sala dell’Anticollegio

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Sala dell'Anticollegio - Palazzo Ducale

Sala dell’Anticollegio

Servì sempre ad anticamera pegli uffici e magistrati adunati nel collegio. Fu anch’essa soggetta al fuoco del 1574, ma la riordinò nuovamente Vincenzo Scamozzi. Però Jacopo Tintoretto operava i quattro quadri che fiancheggiano le due porte, mostrando veramente in essi che solo il volere gli mancava se non conduceva sempre le opere con amore, diligenza e buon impiasto di colorito. Nel 1., a destra della porta che mette al collegio, vedesi Arianna sul lido ritrovata da Bacco ed incoronato da Venere onde alludere ai beni onde è ricca Venezia. Nel 2., a sinistra della stessa porta, vi è Pallade che scaccia Morte fra l’esultare della Pace e dell’Abbondanza, a significare la mira dei Veneziani a tener lungi le guerre. Nel 3., a destra della porta che mette nella sala delle quattro porte, è dipinta la fucina di Vulcano e dei Ciclopi, ad esprimere la forza che dalle stesse traversie derivava al veneto governo; nel 4. alla sinistra sta infine Mercurio con le Grazie, ad esprimere la scienza e gli studi incoraggiati dalla Repubblica.

Nella parete di faccia alle finestre vi sono i due insigni quadri di Jacopo da Ponte detto il Bassano, e di Paolo Veronese. Rappresenta il primo, secondo alcuni, Giacobbe reduce in Canaan, e secondo altri un soggetto villereccio. Rappresenta il secondo il ratto di Europa fatto da Giove in figura di toro. Chi compone osservi questo secondo quadro e specialmente veda in tanta naturalezza quanto bello ne è il partito. Consideri l’espressione di Europa, il fondo, e tutto ciò che davvero rende cosa mirabile. Fu trasportato a Parigi con gli altri capi d’arte, ma nel 1817 venne qui rimesso.

Nel soffitto a stucchi messi ad oro, opere del Bombarda, del Vittoria e d’altri, Paolo Veronese dipinse a fresco Venezia in trono e quattro chiaro-scuri azzurrini che pur vennero ridipinti da Sebastiano Rizzi. Sono in essi effigiate le quattro virtù principali, Carità, Fortezza, Giustizia e Prudenza.

Nè vuolsi certo preterire il magnifico cammino di marmo carrara disegnato da Vincenzo Scamozzi, e che Tiziano Aspetti adornava coi due prigioni appoggiati ai pilastri, e col basso rilievo esprimente la fucina di Vulcano. Nè vuolsi ancora dimenticare la bella porta ordinata pure da Vincenzo Scamozzi, ed avente due pregiatissime colonne di verde antico l’una, e di cipollino l’altra e superiormente tre statue allegoriche di Alessandro Vittoria. Dessi però por mente al foro quadrato formato sull’altra gran porta ed eccone il perché. Quando era chiuso il collegio dei savi quella porta veniva chiusa. Quindi per ricever le carte occorrenti dalla cancelleria ducale adoperavasi questo foro.(1)

ERMOLAO PAOLETTI. Il Fiore di Venezia, Volume II. Tommaso Fontana tipografo edit. Venezia 1839

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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