Palazzo Zorzi Marinella Careggiani Liassidi a San Lorenzo

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Palazzo Zorzi Marinella Careggiani Liassidi a San Lorenzo - Castello

Palazzo Zorzi Marinella Careggiani Liassidi a San Lorenzo

L’epoca della fondazione di questo palazzo sul rivo di San Lorenzo può aver risalito al medio evo, e forse si erigeva in origine con le torri, com’era l’uso nelle antichissime dimore di Venezia, e come sorgeva turrito nella primissima forma di architettura anche il palazzo ducale. Per tale singolarità di struttura, la famiglia, che può averne commessa la fabbrica, si sarà intitolata Donadi delle Torreselle; sopranome, che rilevasi negli alberi genealogici, i quali accennano al ramo del Doge Francesco. Si ha memoria in seguito, che nel 1436 l’ufficio dei sopra-consoli ne spogliasse gli antichi signori, e vendesse la magione a Francesco Zorzi del fu Paolo, per correnti ducati 4.250. Quindi un Alvise Zorzi del fu Benedetto otteneva nel 1578 un decreto dei Provveditori di Comun, per erigere a proprie spese un ponte, per cui accedere alla casa dominicale; per quello si giungeva alla calletta consorziale Careggiani e Manuzi, nella quale stavano degli ingressi, tuttora visibili, sebbene murati. Perciò a questa epoca potè il Sansovino nella Venezia ricordar questa mole, con diverse bellezze di ritratti e figure di marmo, e stucco di Alessandro Vittoria, e nominarvi proprietario Luigi Giorgi, senatore integerrimo, che fu poi procurator di San Marco. Ed è ben facile a supporsi, che appunto in questo tempo sorgesse l’attuale prospetto, avente molte decorazioni ricchissime di marmi orientali. Vaghissimi sono infatti i profili, gli ornamenti e i capitelli delle colonne, e gentili più che in altri sono le forme degli archi acuti, per cui a prima giunta si conosce appartenere al secolo decimoquinto. Nel cortile, che ancora conserva vestigi della vetusta fabbrica, stava una scalea di pietra scoperta, che ivi rimase, come vedremo meglio in appresso, fino al 1790.

Il nobilissimo edificio si possedette per più secoli dai Zorzi, e si può anzi dire, che propriamente uscisse della casa assai tardi, poiché nel 1704 si assegnava in dote ad una Franceschina Zorzi del fu Marino, che era anche vedova di un Matteo Zorzi. L’istrumento, allora rogato, indica composto il palazzo di pè piano ed un solaio, con soffitta in parte abitabile, mercè camere attraversate di tavole, e l’insieme si considerava da Cesare Zorelli, perito pubblico, del valore di ducati 4.600. Questa Franceschina Zorzi, morendo nel 1729, lo legava in usufrutto a Benedetto Zorzi suo figlio, ed in eredità ai figli di lui Marino, Giorgio e Matteo, quindi Marino nel 1773 legava la sua quota alle figlie proprie, Maria Donada e Francesca; ciò fece, per l’altra quota, lo stesso Giorgio, con testamento 1780, e alla morte di Matteo ab intestato, ne divennero uniche proprietarie la Maria Donada, moglie di Nicolò Tron, e la Francesca, moglie a Francesco Maria Bon, le quali si riserbarono i diritti nella loro dimissoria.

Esse, autorizzate dai mariti, nel 1790 vendettero la fabbrica ad Elena Maruzzi vedova di Tommaso Careggiani, per ducati 45.500, e in quell’anno si commise al pubblico perito Antonio Solari l’erezione dell’appartamento superiore, e il trasporto nell’interno della scalea del cortile. Nel 1824 i Careggiani introdussero le mutazioni nella facciata, respiciente il cortile medesimo, compreso lo sconcio dell’apertura di quella finestra, nel prospetto sopra la riva. Finalmente, per decreto di aggiudicazione dell’eredità abbandonata di Elena Careggiani Liassidi, e per l’atto delle divisioni fra i coeredi, ne diventò proprietario unico, sino in presente, Antonachi Liassidi del fu Elia nativo di Cipro, che tiene depositi di vini esteri rimpetto alla piccola separata porta, che mette agli amezzati, nella calle dei Greci.

La faccia sul rivo, con poche alterazioni, si può riguardare come una delle più conservate, e avremmo anzi creduto di sentenziar giusto, che potesse rispondere, per solidità di struttura, alle ben vantaggiate apparenze. Mentre però la descriviamo, insorge improvviso il bisogno di dar sollecita mano per rinforzarne la mole nel minacciante prospetto, e dall’arte si provvede al momento alla rimozione del pericolo.

La famiglia Zorzi, per più età posseditrice del palazzo, si distingueva con l’appellativo di marinella dalle altre case, di uguale nome, anche nei dintorni di San Severo. Benemeriti della patria sì in pace che in guerra furono di frequente insigniti della stola procuratoria. Benedetto Zorzi, filosofo, teologo, giureconsulto, oratore, cosmografo, e matematico, fu deputato al duca di Giojosa nella sua venuta in Venezia; venne eletto segretario di papa Urbano VII, e per la vasta dottrina prefetto della Biblioteca del Bessarione. Un Luigi, savio grande, correttor delle leggi, riformatore dello studio di Padova, si ballottava Doge, e si lodava in morte da Andrea Morosini. Da questa progenie discendeva Marino Zorzi, per antonomasia cognominato il santo, che si acclamò Doge per la vita integerrima e la carità limosiniera. Di lui si scopriva, a dì nostri, nei codici, aver disposto nel testamento dell’anno 1311 una sostanza, per la creazione di un ospizio, in cui nutrirsi e custodirsi, dice il testo, infantes et pueros minores AEtatis, utriusque sexus, pauperes et indigentes. Ebbe egli pertanto il merito di far svolgere il primo germe degli Asili d’infanzia, non più che redivivi attualmente, poichè voleva il Doge fossero provveduti di vitto e indumenti coi redditi del suo censo, in un Istituto a San Domenico di Castello. Della quale fondazione sarebbe bell’opera investigar le vicende, e in qual vortice rimanessero travolti i fondi obnoxi, ed a qual tempo si arrestasse l’erogazione dei redditi, le cui risultanze disparvero dalla storia. (1)

(1) GIANJACOPO FONTANA. Cento palazzi fra i più celebri di Venezia (Premiato Stabilimento Tipografico di P.Naratovich. 1865).

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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