Chiesa e Monastero di Santa Teresa vulgo delle Terese

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Chiesa di Santa Teresa vulgo delle Terese - Dorsoduro

Chiesa di Santa Teresa vulgo delle Terese. Monastero di Monache Carmelitane. Chiesa e Monastero secolarizzati

Storia della chiesa e del Monastero

Nella fondazione dell’esemplare monastero di vergini carmelitane, dette le Terese, dimostrò Iddio uno di quei prodigi di sua grazia, che egli nello scegliere persone deboli ad opere grandi fa comparire di quando in quando per fare adorare la sua potenza, e benedire la sua bontà.

Ebbe questo la sua origine da una pia vergine veneziana, che quanto povera di fortune altrettanto ricca di virtù poté con l’assistenza divina nella città di Venezia, di Verona, di Vicenza, e di Padova piantare quattro illustri monasteri di osservantissime monache Carmelitane. Nacque ella nell’anno 1623, da Lodovico Ferazzo, e Maddalena Poli pii, ed onesti genitori, dai quali nominata al sacro fonte Maria fu con diligenza educata, finché rapiti ambedue dal morbo pestilenziale, da cui nell’anno 1630 era afflitta Venezia, la lasciarono orfana nella tenera età di sette anni. Passata poscia in custodia di un suo zio, dovette dopo pochi giorni compiangersi nuovamente abbandonata per la di lui morte causata dalla stessa contagiosa influenza. Supplì alla necessità della buona fanciulla la divina misericordia, ed un pio vicino commiserandone lo stato la raccolse in sua casa, prestandole tutti gli aiuti per una onesta e cristiana educazione.

Sino da quei primi momenti, nei quali sperimentò la bontà della Divina Previdenza, ella si gettò con fiducia nelle sue braccia, pregandola a tener verso di lei il luogo dei suoi genitori; e ben fece vedere Iddio nella condotta delle di lei azioni, che aveva accolto ed esaudito la pia domanda. Crescendo con l’avanzarsi dell’età la di lei virtù, cresceva parimente in essa l’aversione a ciò che può offrire il mondo di lusinghevole. Onde ispirata da Dio ricorse ad un pio sacerdote carmelitano Bonaventura Pinzoni, dichiarandogli apertamente la sua brama di voler essere religiosa. Conobbe tosto l’illuminato uomo del che Iddio aveva gran disegni sopra quella fanciulla; onde credette, assumendo caritatevolmente in sé stesso la spesa del mantenimento, di dovere consegnarla alla diligente custodia di una devota donna nominata Modesta Salandi, da cui erano allevate nella cristiana perfezione molte altre vergini di pari età. Vi si distinse ella con tal parità di costumi, e tanto fervore di divozione, che divenne ben presto l’esempio, e l’ammirazione di quella piccola radunanza, che comincio a riguardarla come maestra.

Frattanto che coll’avanzarsi nelle virtù si meritava ella maggiori affluenze della divina grazia, si sentiva nell’interno suo stimolata alla fondazione di un monastero di vergini Carmelitane. Impotente però ella di più resistere agli impulsi dello Spirito Santo, comunicò un tal pensiero al sopra lodato padre Bonaventura, che esaminatone lo spirito, e le circostanze, conobbe essere da Dio la chiamata, tanto più che quattordici altre vergini deliberato avevano di consacrarsi al divino servigio nei nuovi chiostri.

Nell’anno dunque del Signore 1647, questa pia vergine assistita dalla protezione unicamente di Dio implorò dalla pubblica autorità il permesso di comprare un fondo, ove innalzarvi un monastero, ed una chiesa, ed appena ottenutala, si vide soccorsa dalla pia liberalità dei fedeli con tanto abbondati elemosine, che poté in breve tempo non solo comprare il fondo, ma fabbricarvi sopra un capace monastero, ed una assai decorosa chiesa sotto l’invocazione della serafica vergine Santa Teresa, e qualche tempo dopo a maggiore spirituale ornamento del sacro edificio ottenne la pia fondatrice dal vicegerente di Roma Alessandro Vittricio vescovo alatrino i sacri corpi dei Santi Giocondo, Quirino, Quintillo, Valerio, Flora, e Perpetua martiri estratti da diversi cimiteri di Roma, e poco dopo con egualmente prezioso dono ricevette dallo stesso vicegerente il corpo di Sant’Anna martire insieme con un piccolo fanciullo, del di cui martirio dava testimonianza un vaso di vetro asperso di sangue, e i corpi, o più tosto insigni porzioni dei corpi dei santi Cassiano, Giulio, e Massima martiri estratte dal cimitero di Calepodio.

Né solamente accorse la Divina Providenza alla così celere fondazione del monastero, e della chiesa, ma eccitò la religione di molti doviziosi uomini a dotare il sacro luogo di rendite; onde ben presto acquistò entrate sufficienti al mantenimento di quaranta vergini, che ivi vivessero in comunità.

Perché però il sacro chiostro ricevesse maggiore fondamento di durevole sussistenza, implorò la saggia fondatrice dalla pietà del senato che accogliere volesse il monastero, e le religiose in titolo di juspatronato sotto la pubblica protezione, e ne fu esaudita con un decreto del giorno 11 di aprile dell’anno 1648, in seguito di che fu stabilito, che dovesse il doge con l’accompagnamento delle cariche più cospicue portarsi ogni anno a visitare la chiesa nella solennità della santa vergine titolare, giornata che fu poi per maggior opportunità mutata in quella della festiva commemorazione di Santa Maria del Monte Carmelo assegnata al giorno 16 di luglio.

A perfezione formale del monastero mancava solo la clausura, per la quale avendo quel sacro coro di vergini umiliate fervorose istanze all’autorità del pontefice Alessandro VII, commise questi con sue apostoliche lettere segnate nel giorno 30 di marzo dell’anno 1667, a Stefano Brancaccio arcivescovo adrianopolitano, e suo nunzio in Venezia, che dovesse imporre nel nuovo conservatorio l’ecclesiastica clausura, ed erigerlo  in  Monastero di Monache dell’Ordine della Beata Maria di Monte Carmelo sotto il spiritual governo dei Frati Carmelitani dell’antica regolar osservanza.

Adempì il legato gli apostolici comandi, e portatosi nel giorno 12 del susseguente luglio alla nuova chiesa di Santa Teresa, dopo aver fatte pubblicare la bolla pontificia, e le lettere, con le quali il generale dell’ordine Carmelitano accoglieva il nuovo chiostro nel seno della religione, ricevette prima dalla fondatrice, che assunse il nome di Maria Angela Ventura, e poi dalle altre vergini in numero di trentasei la professione regolare, conducendole poi nell’abitazioni del monastero, a cui nell’anno susseguente impose la clausura l’arcivescovo di Filadelfia Daniele Delfino per ordine ricevuto dal pontefice Clemente IX.

Passò poi la virtuosa fondatrice ad istituire prima in Padova, poi in Vicenza, e finalmente in Verona nuovi monasteri di vergine carmelitane, dopo di che ritornata in Venezia chiuse santamente la sua vita con una preziosa morte nel giorno 19 di agosto dell’anno 1688, e dell’età sua 65, lasciando di sue virtù una felice memoria. (1)

Visita della chiesa (1839)

Nel 1812 vennero qui introdotte le figlie orfane, le quali, rimanendovi fino all’età di diciotto anni, vengono allimentate e civilmente educate.

Discorrendo ora della chiesa accanto a questo convento, vedremo nel primo altare alla sinistra una pala assai bella e di tale effetto, che comunque la verità sia stata qua e là sacrificata a raggiungerlo, pure annunzia quanto forte fosse l’anima di Giambattista Langetti che la produsse. Offre Cristo in croce e la Maddalena ai piedi. Francesco Ruschi, nel secondo altare, fece la pala con San Francesco d’Assisi e un angelo.  Nell’altare a lato della cappella maggiore frate Massimo da Verona cappuccino dipinse i Santi Francesco da Paola, Andrea Corsini ed altri santi.

La pala dell’altare maggiore, incrostata di pietre dure, con la gloria di Santa Teresa e con il ritratto del senatore Giovanni Moro alla sinistra è di Nicolò Renieri; mentre la tavola dell’altro altare laterale, con i Santi Cristoforo, Marco e Jacopo è del ricordato Langetti. Nicolò Renieri ha lasciato una delle migliore sue opere nella pala del vicino altare, ricco di belle pietre. Esprime Nostra Donna che da l’abito del carmelo al beato Simeone Stoch. Nell’ultimo altare il menzionato Ruschi dipinse la bella pala delle Sante Orsola e Maria Maddalena (2).

Eventi più recenti

Il convento sì ridusse nel 1811 ad Orfanotrofio d’ambi i sessi, e nel 1818 ad Orfanotrofio Femminile soltanto, al cui uso serve la chiesa.(3)

(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).

(2) ERMOLAO PAOLETTI. Il fiore di Venezia ossia i quadri, i monumenti, le vedute ed i costumi. (Tommaso Fontana editore. Venezia 1839).

(2) GIUSEPPE TASSINI. Edifici di Venezia. Distrutti o vòlti ad uso diverso da quello a cui furono in origine destinati. (Reale Tipografia Giovanni Cecchini. Venezia 1885).

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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