Pozzo in Campo Santa Maria Formosa (verso Palazzo Malipiero Trevisan), nel Sestiere di Castello

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1994
Pozzo in Campo Santa Maria Formosa (verso Palazzo Malipiero Trevisan), nel Sestiere di Castello

Pozzo in Campo Santa Maria Formosa (verso Palazzo Malipiero Trevisan), nel Sestiere di Castello

Vera: in pietra d’Istria di forma cilindrica divisa in otto settori. Su quattro settori della vera sono scolpiti, a bassorilievo, dei festoni di fiori e frutti; su un settore è scolpita, a bassorilievo, un Madonna della Misericordia; un settore è mancante la copertura di marmo; su un altro settore è presente un beccuccio di fontana. Base: circolare. Copertura: lastra metallica convessa. (1)

Chiesa di Santa Maria Formosa. L’origine di questa chiesa si attribuisce a San Magno Vescovo di Oderzo ed alla famiglia Tribuno. Fu rifabbricata nell’864, e di poi nel 1105 per essere stata arsa dal terribile incendio di quell’anno; ed in quella occasione fu architettata in guisa da rendere nel corpo di mezzo somiglianza alla basilica di San Marco. Nel 1689 il terremoto la danneggiò molto nell’interno e allora fu ridotta alla presente forma sansovinesca, per la liberalità di Torrino Tononi mercante ricchissimo. Per il testamento del senatore Vincenzo Cappello fu eretta nel 1604 la facciata sul campo; e quella presso il ponte fu innalzata prima nel 1541 a spese di un altro Vincenzo Cappello generale illustre, la cui statua, ritto in piedi sull’avello, scolpita da Domenico figlio di Pietro da Salò, adorna la facciata medesima.

Varie confraternite erano ascritte a questa chiesa, l’antichissima delle quali era quella della Presentazione, instituita del 933, quella dei Cassellai, quella dei Fruttaiuoli, quella di Santa Barbara dei Bombardieri, e quella della Trinità instituita nel 1604 per la liberazione degli schiavi. Ma sopra ogni altra cosa la memoria che rende celebratissima questa chiesa è quella del rapimento e della liberazione delle spose castellane e della festa e della visita del doge che quindi ne seguitò.    

Il doge, in memoria della liberazione delle spose veneziane rapite dai Triestini, e in riconoscimento dei buoni servigi prestati in quell’occasione dai cassellai di questa contrada insieme con la Signoria si recava in questa chiesa ai vesperi della vigilia e nel giorno della Purificazione di Maria Vergine; e il parroco gli andava incontro e gli presentava in nome dei suoi parrocchiani cappelli di paglia dorati, fiaschi di malvagia ed aranci. Questa visita l’avevano pregata i cassellai, che alle opposizioni del doge e “se fosse per piovere? e se avessimo sete?”, soggiunsero: “Noi vi daremo cappelli da coprirvi, e Noi vi daremo da bere”.

Durava la festa otto giorni, e dodici donzelle, due da ogni sestiere, sfarzosamente vestite dai più ricchi, montavano certe barche scoperte, e insieme al doge ed alla Signoria andavano a solennizzare nella chiesa di 3. Pietro; dopo di che, congedate dal doge, percorrevano il canal grande tra le esultanze e il plauso e le dimostrazioni di gioia d’un popolo come il nostro dedito oltremodo alle feste ed ai tripudi. Gli altri sette giorni si passavano in divertimenti, regate, danze, commedie e mascherate. L’ultimo giorno, quello della Purificazione, andavano in processione a Santa Maria Formosa. (2)

(1) ConoscereVenezia

(2) Bernardo e Gaetano Combatti. Nuova planimetria della città di Venezia. (VENEZIA, 1846 Coi tipi di Pietro Naratovich).

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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